27 mag 2014

Vince il PD?

Le elezioni europee appena svoltesi hanno visto la stampa e i media nazionali incoronare il Partito Democratico come il vincitore assoluto. Con oltre il 40,8% dei consensi, il Pd è senz'altro, con largo margine, il primo partito in Italia. Ma i toni trionfalistici dei mass media italiani, di destra o di sinistra, sempre pronti a salire sul carro del vincitore – che dopo aver servito Berlusconi nel suo periodo d'oro adesso hanno eletto Renzi a loro nuovo vate – dovrebbero destare sospetti.
In realtà la prima forza politica italiana non è il Partito Democratico, ma l'astensionismo, che supera il 41%, il dato più alto di sempre nella storia politica italiana. Questo, naturalmente, non significa che il divario rispetto al secondo, il Pd, sia meno dell'1%. Infatti quel 40, 8% è ingannevole. Sembrerebbe una dato stupefacente, ma la realtà è che è solo il 40,8% del 58,7% che ha votato di tutto il corpo elettorale, quindi il 23,9% di tutti gli aventi diritto ha votato il Pd. Contro il 76,1 che non l'ha votato, contro il 41,3 che non ha votato nessuno.
Già questo dato dovrebbe essere sufficiente a ridimensionare il decantato successo del partito di Renzi.
Ma la disinformazione italiana si è spinta addirittura oltre, giungendo ad affermare che sarebbe un consenso superiore al massimo storico del PCI alle europee del 1984, anno del famoso “sorpasso” sulla DC. In quell'occasione, infatti, è vero che il PCI ottenne il 33,3% dei voti, ma su ben l'82,47% dei votanti. Infatti il 33,3% dell'82,47 è il 27,46% di tutti gli elettori potenziali. Questo dato dunque è superiore di un buon margine rispetto al 23,9 del Pd. Allora infatti coloro che votarono PCI furono 11 milioni e 700 mila, contro gli 11 milioni e 170 mila che hanno votato Pd.
Se poi si considerano le elezioni politiche del 1976, anno del massimo storico assoluto del PCI, qui i comunisti ebbero 12 milioni e 600 mila consensi, pari al 34,37% dei votanti, con un'affluenza del 93,4%, ovvero poco più del 32% di tutti gli aventi diritto di voto.
È stato anche detto che il dato sarebbe superiore a quello del massimo storico della Democrazia Cristiana a una elezione europea. Cosa, anche questa falsa, perché nel 1979 la DC ottenne 12 milioni e 700 mila voti, circa 1 milione e mezzo di voti in più di quelli attuali del PD.
Tuttavia, sembrerebbe comunque un buon dato, per quanto non così eccellente come è stato descritto da giornali e televisioni.
In realtà il PD ha partecipato a soltanto a due elezioni europee. Senz'altro alle ultime appena trascorse è migliorato rispetto al 2009, quando ricevette poco meno di 8 milioni di voti. È migliorato anche rispetto alle politiche del 2013, quando ne ottenne poco più di 8 milioni e mezzo . Ma è di molto peggiorato rispetto alle politiche del 2008, quando ricevette poco più di 12 milioni di voti, quasi un milione in più di quelli attuali. Allora i media salutarono il trionfo di Berlusconi (effettivamente considerevole, con 13 milioni e 600 mila voti per l'allora Popolo delle Libertà) e decretarono la sconfitta senza appello di Veltroni. Nessuno si sognò all'epoca di vedere quel 33% di votanti come quantificazione di una vittoria straordinaria. Al contrario le critiche furono durissime, come in un articolo di Sartori sul Corriere della Sera, e nessuno parlò di dato storico (sebbene ad oggi resti il miglior risultato del Pd). Il consenso in quel frangente, infatti, era pressoché identico a quello del 2006, quando il suo antenato, l'Ulivo, vinse le elezioni.
Tuttavia resta il fatto che il Pd è ad oggi il primo partito, battendo i suoi migliori avversari, il Movimento Cinque Stelle e Forza Italia, con uno scarto considerevole.
Ma quello che è avvenuto, più che un miglioramento del Pd, è che una una grande quantità di elettori di Forza Italia, e una importante dei Cinque Stelle, si sono astenuti. Nel 2009, infatti, il Popolo delle Libertà ottenne 10 milioni e 700 mila voti, contro i 4 milioni e 600 mila di domenica scorsa. Alle politiche del 2013 ebbe 7 milioni e 300 mila voti, Il Movimento Cinque Stelle circa 8.600.000, mentre alle europee il partito di Grillo ha ottenuto appena 5.800.000 voti.
Allora però aveva votato il 75,2% degli aventi diritto, mentre in queste elezioni solo il 58,7% si è recato alle urne. Dunque c'è stato un calo del 16,5%, circa 8.300.000 voti. I voti in meno che ha ottenuto il Movimento Cinque Stelle sono circa 2 milioni e 800 mila, quelli di Forza Italia 2 milioni e 700 mila. Ma i primi avevano ottenuto il 25,56% di voti sul 75,2% dei votanti, mentre i secondi il 21,57. Rispettivamente gli uni, il 19,22% dell'intero corpo elettorale, gli altri il 16,22.
A oggi, invece, Forza Italia con il 16,82 del 58,7% dei votanti ottiene il 9,8, mentre Grillo e i suoi, che hanno avuto il 21,16, detengono il 12, 42 % di voti di tutti gli aventi diritto.
Dunque se è la sconfitta di Forza Italia è realmente di proporzioni considerevoli, poiché perde il 6,4% di voti reali (cioè considerati sul totale degli elettori potenziali) anche quella dei Cinque Stelle non è da meno, in quanto essi perdono il 6,8 % di voti reali.
Nonostante i media abbiano evidenziato l'insuccesso di Forza Italia, quello del Movimento Cinque Stelle è nella realtà persino maggiore.
In sintesi, l'annunciata vittoria del Pd, non c'è stata, poiché non è importante considerare la frazione di voti tra quelli che hanno votato, quanto piuttosto il numero di voti in assoluto e la percentuale di voti in rapporto a tutti gli aventi diritto. Basando su questo la nostra analisi non possiamo che concluderne che tutti quanti escono sconfitti, perché ben il 16,5% di italiani che l'anno scorso aveva votato quest'anno non l'ha fatto, e quasi il 14% delle europee di 5 anni fa.
Al più, potremmo dire, che ci siano stati più astenuti tra gli elettori di Forza Italia e dei Cinque Stelle che tra quelli del Pd, che invece sono tornati a votare. I primi, infatti, sono meno “fidelizzati”, rispetto ai sostenitori del Partito Democratico, che può contare su uno “zoccolo duro” soprattutto nelle cosiddette regioni rosse. I Cinque Stelle, invece, i quali sono più sensibili ai temi politici di rilevanza nazionale, possono aver percepito queste elezioni come ininfluenti sulla situazione politica italiana. È mancato, infatti, da parte di Grillo, che si rappresenta come leader della protesta “anti-casta”, la capacità di interpretare in modo efficace l'euroscetticismo e l'opposizione all'austerità sempre crescenti in Europa e che in altri paesi hanno permesso a forze politiche giovani di ottenere vittorie sorprendenti, come dimostra il successo del Front National in Francia, dell'UKIP in Gran Bretagna, della sinistra greca di Syriza in Grecia e di quella spagnola di PODEMOS, in Spagna.
Grillo, forse, non ha saputo concentrare abbastanza l'attenzione dei suoi sui problemi dell'Europa e sull'insuccesso dell'Euro, confinandosi in una ambigua proposta referendaria. Incentrando la sua campagna elettorale quasi del tutto su questioni nazionali e assumendo una posizione moderata sulle questioni europee (lasciata per lo più ad altri del Movimento) ha finito per neutralizzare in parte la connotazione “contestatrice” che aveva assunto il suo partito in questi anni.
Più che andare a ricercare le cause dell'insuccesso nelle strategie di comunicazione, bisognerebbe indagare i motivi più profondi del malcontento di una parte sempre crescente del Paese, sempre più insofferente nei confronti dell'austerità e delle politiche imposte dall'Unione Europea, anche se in modo non del tutto consapevole.
La “tenuta”, più che il successo, del Pd è da attribuire forse alle doti comunicative del suo leader, capace di mobilitare i suoi (ma non tanto nel conquistare nuovi elettori, come è stato detto) e alla “fidelizzazione” che ancora persiste in Italia, in particolare in certe aree geografiche.
Ma una volta che l'inettitudine di questo governo e il suo asservimento ai poteri sovranazionali si mostrerà senza infingimenti in tutta la sua portata devastante, bisognerà chiedersi cosa escogiterà questa volta il partito dell'euro e della tecnocrazia europea.


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3 commenti:

  1. Caro Matteo V.
    TI ringrazio per le tue precisazioni, molto chiare sebbene non sia un amante dei numeri...
    La conclusione è la più semplice e azzeccata, hai parlato di tenuta del PD, cioè della capacità di questo partito di portare alle urne tutti i suoi elettori, senza guadagnarne di nuovi, cosa che gli altri non hanno saputo fare. Forse per Renzi questo compito è stato facile avendo il suo elettorato una vocazione antitaliana e annessionista all'Europa, cosa che, con tutti gli altri difetti che hanno, manca per esempio a Lega, FI e M5S.

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    1. Io penso che l'elettorato del Pd sia "fidelizzato" cioè portato a votare anche solo per "affezione" nei confronti di una parte politica, anche se quella parte politica ha da tempo tradito gli ideali cui diceva di ispirarsi.
      In Italia purtroppo si tende a dividersi tra guelfi e ghibellini, anche quando tra il Papa e l'Imperatore non c'è nessuna differenza.

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  2. http://www.investireoggi.it/forum/matteo-renzi-il-futuro-pdc-d-italia-vt80829-11.html#post3917475

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