1 giu 2014

Non chiamateli fascisti

La vittoria del Front National alle elezioni europee, che lo consacrano primo partito francese, legittimano la forza guidata da Marine Le Pen a capo dell'opposizione politica all'establishment europeo.
Non che lo schieramento anti-euro e anti-troika sia omogeneo e coalizzato. In esso vi confluiscono gruppi di diversa vocazione: identitari e anti-immigrazione come il PVV olandese, regionalisti e federalisti come la Lega Nord italiana, neoliberisti e securitari come l'UKIP di Nigel Farage, nazionalisti come il Danish People Party, ma anche socialdemocratici come il Partito Socialista Portoghese e di sinistra e anticapitalisti come PODEMOS in Spagna o il Partito Comunista Greco.
In questo scenario estremamente variegato il partito di Marine Le Pen si pone, per sua natura, come una sintesi tra le varie anime. In esso, infatti, si può dire confluiscano tutti gli aspetti e i principi dei partiti euroscettici.
Si possono enumerare tre anime che rappresentano questo schieramento:
Una sovranista e democratica. Ovviamente la fondamentale. Essa esprime la richiesta di ritorno a valute nazionali e al recupero del potere degli stati ormai di fatto esautorati dai trattati, quindi il recupero della democraticità e rappresentatività delle istituzioni nazionali. Quest'anima accomuna tutte le forze euroscettiche.
Una antiliberista e statalista, che rivendica la necessità da parte degli stati di dirigere l'economia anche attraverso la possibilità di nazionalizzare importanti comparti strategici. Quest'anima non appartiene alle forze più liberali, come l'UKIP di Frage che hanno una linea di politica economica di stampo “thatcheriano”.
Una identitaria e anti-immigrazione, che contraddistingue quelle forze che vogliono porre forti limiti all'immigrazione e rivalutare la cultura e le tradizioni locali e nazionali. Quest'anima ovviamente non è propria, o lo è solo in parte, dei partiti della “sinistra euroscettica”.
Ma tutte e tre queste anime si ritrovano nel Front National.
Sebbene i media abbiano etichettato il partito francese come fascista o di estrema destra, in esso convivono diverse culture e istanze. La stessa Marine Le Pen si rifiuta di identificare il proprio partito come iscrivibile in una determinata area politica posta sull'asse destra-sinistra.
Non è un mistero che, sebbene la base tradizionale del FN sia conservatrice e ai tempi di Le Pen padre potesse essere collocata in un'area di destra radicale, ad oggi buona parte dell'elettorato è rappresentato da lavoratori ed ex socialisti delusi dal PS al governo.
Inoltre diversi importanti esponenti provengono da un'area marxista, come l'ideologo Jacques Sapir, o la deputata comunista Anne Rosso-Roig.
Il Front National unisce quindi diverse anime, è una sorta di sintesi dell'euroscetticismo e della protesta anti-austerità che avanza in Europa. Uno schieramento eterogeneo sarebbe infatti difficilmente unificabile, come testimonia il fatto che i partiti ad esso riferibili militano in gruppi parlamentari diversi e spesso opposti.
Ma il Front National, pur con tutte le sue contraddizioni e i suoi limiti innegabili, incarna la funzione strategica di rappresentare e di portare avanti gli interessi di tutta quest'area. Esso è un baluardo anti-austerità, poiché svolge un efficace ruolo di destabilizzazione della zona euro. Una eventuale uscita della Francia dall'euro renderebbe infatti molto probabile il crollo della moneta unica.
I media e i partiti politici eurofili gridano l'allarme paventando una possibile deriva fascista dell'Europa in caso di successo dei partiti euroscettici come quello di Marine Le Pen.
Effettivamente esiste questo pericolo, ed anzi esso sta già diventando realtà, ma non ad opera del Front National, ma proprio a causa della piega autoritaria che ha preso il processo di unificazione europeo. Esso non è proceduto di pari passo con il volere popolare, ma malgrado questo, ed anzi è stato possibile proprio privando gli stati nazionali e le istituzioni democratiche di qualsiasi potere ed “espropriandoli” della loro sovranità in modo illegittimo e contro le costituzioni democratiche di tutti i paesi. Accanto a questa perdita di sovranità si è assistito a un'acquisizione sempre crescente di potere giuridico ed economico da parte di organismi oligarchici totalmente sganciati dal controllo democratico come la Commissione Europea e la Banca Centrale Europea. La politica economica imposta da queste istituzioni ha altresì creato una situazione di recessione e di impoverimento dei popoli europei rendendo impossibile qualsiasi inversione di rotta e politica anti-ciclica all'interno del sistema Euro. Quello che è stato un vero e proprio “golpe silenzioso” è stato sottaciuto dai media che continuano (come fanno tutti gli apparati di propaganda dei regimi autoritari) a elogiare e difendere l'unificazione monetaria e l'Unione Europea anche adesso che la manifestazione degli effetti nefasti risulta incontrovertibile.
Non è un caso che i governi che entusiasticamente sostengono l'Euro sono stati allestiti non dal voto popolare, ma da un colpo di stato finanziario a tutti gli effetti, come avvenuto in Grecia e in Italia.
Nella nostra penisola, in particolare, gli ultimi tre governi succedutisi non sono mai passati per il voto popolare, nonostante l'appellativo del partito che più li ha sostenuti, che si fa chiamare, vien da dire sarcasticamente, “democratico”.
In questo scenario appare quantomeno surreale che si rivolga alla Le Pen e al suo partito l'accusa di fascismo, quando essi si richiamano, invece, ai principi democratici e alla legittimità del voto popolare contro l'autoritarismo economico della tecnocrazia europea.
L'accusa di estremismo di destra appare tanto più ridicola se si considera il processo storico di affermazione dei fascismi. Questa è avvenuta con il ricorso a mezzi illeciti e alla coercizione, con la repressione e la eliminazione anche fisica degli avversari e incutendo un clima di terrore tra la popolazione. Circostanze che mancano del tutto nel risultato del partito di Marine Le Pen il cui successo è frutto del solo voto popolare, di contro al governo fantoccio dei socialisti tenuto in piedi per volontà degli interessi corporativi del grande capitale.
Il fascismo storico, inoltre, si avvale della collaborazione o della non interferenza dei capitalisti e delle forze politiche fino ad allora dominanti. Queste, per scongiurare il pericolo di una rivoluzione, o quanto meno di una svolta storica favorevole alle masse, avvertita come possibile in seguito all'avanzata del movimento operaio e delle organizzazioni socialiste, anarchiche, comuniste e rivoluzionarie, hanno “chiuso un occhio” sui soprusi perpetrati dai fascisti, illudendosi che questi, una volta annientato il “pericolo rosso”, avrebbero rinunciato al controllo delle istituzioni, o quanto meno lo avrebbero con loro condiviso.
Ma quello che avviene ora è che il capitale internazionale e i partiti dell'establishment (raccolti nei gruppi europei del PPE e del PSE) hanno dichiarato una guerra senza quartiere a tutti coloro che si oppongono al progetto egemonico delle élite tecnocratiche, compreso ovviamente il FN.
Nessun fascismo può affermarsi senza l'alleanza col grande capitale e l'accordo con il ceto politico egemone. Sarebbe un macroscopico errore di valutazione per Marine Le Pen e i suoi pensare di poter seguire lo stesso percorso. Al contrario, la funzione storica di questo partito è quello di dar voce ai popoli europei e di difendere la democrazia parlamentare (tipico obiettivo polemico dei fascisti, di ieri e di oggi) contro le oligarchie internazionali che vogliono privare i popoli dei loro diritti politici de facto. Chi è che invece si avvale dell'appoggio delle classi capitalistiche? Di sicuro i i partiti egemoni principali responsabili politici della crisi, sebbene si facciano chiamare “democratici” o “socialdemocratici”. Chi asserisce la necessità di delegare i poteri dei governi e dei parlamenti nazionali a delle istituzioni sovranazionali per eliminare l'“inefficienza”, o la “corruzione”? Quegli stessi partiti, per le stesse ragione per cui i fascisti di un tempo sostenevano la necessità di una gestione autoritaria del potere politico. E chi sono, invece, coloro che si oppongono a questi sedicenti democratici e a questa sorta di “tecno-moralismo”? Proprio quei gruppi euroscettici, e soprattutto uno, delegittimati da una feroce campagna stampa.
L'apposizione di questo marchio infamante sul Front National è funzionale invece a un disegno egemonico delle élite che cercano di dividere lo schieramento sovranista. In questo modo essi, infatti, possono fare appello a quelle forze che più sono sensibili all'avversione nei confronti del fascismo.
Non a caso, quelle stesse élite, come quelle stesse forze politiche che le spalleggiano, non si fanno alcuno scrupolo a sostenere i fascisti e i neonazisti autodichiaratisi tali, laddove, come in Ucraina, sono funzionali ai loro stessi interessi. Foraggiando i neonazisti ucraini che aggrediscono e terrorizzano il popolo russofono essi sperano infatti di strappare l'Ucraina dalla sfera di influenza russa e di permetterne l'ingresso nella NATO e nell'Euro.
In questo caso quei politici che accusano la Le Pen di fascismo non si fanno problemi ad offrire pubblicamente sostegno ai veri fascisti.
La critica che invece si può rivolgere, dopo aver fatto giustizia di tutte le polemiche opportunistiche, è sicuramente in merito alla posizione sull'immigrazione del FN, come di altri partiti. Invece che limitarsi a denunciare il problema di ordine pubblico scaturito dalla gestione dei flussi migratori, ed affrontare la questione da una prospettiva puramente negativa e sanzionatoria, bisognerebbe porre le basi perché l'immigrazione non rappresenti più un problema, attraverso una politica tanto di tutela nei confronti della specificità culturale “autoctona” quanto di rottura di quella spirale che porta alla ghettizzazione delle minoranze etniche come conseguenza degli squilibri sociali ed economici.
Se l'idealismo multiculturale del blocco eurocratico pecca nel voler difendere un cosmopolitismo astratto, auspicando un processo di integrazione e di contaminazione culturale ma senza preoccuparsi di garantire le basi materiali ed economiche indispensabili a un tale processo, l'identitarismo del FN non fa che stigmatizzare una situazione di etnicizzazione del conflitto prendendola per assoluta e inevitabile, senza vedere che quella etnicizzazione cela in realtà un più profondo conflitto di classe e una strategia di dominio delle élite capitalistiche.
Ma sono senz'altro le politiche sciagurate delle classi dominanti e dei loro alfieri politici a causare una reazione xenofoba, laddove queste politiche favoriscono la mobilità di persone come fossero merci ma senza assicurare una base sociale ed economica che permetta di assorbire senza tensioni un afflusso di immigrati.


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